05 marzo 2021 - Articolo

Le leggi e le opere per rendere i porti del sud più competitivi

Il Mattino del 5 marzo ha ospitato un mio intervento: come rendere competitivi i porti del Sud? Per l'economia del mare attuando le ZES e lavorando su intermodalità tra porti, retroporti e interporti. Serve uno sforzo congiunto di territorio e istituzioni e un'accelerazione legislativa.

L'articolo in PDF qui

Il testo: 

Caro Direttore,

fa ben sperare la ministra del Sud, Mara Carfagna, quando – nell’intervista pubblicata l'altro giorno dal suo

giornale – afferma che «il PNRR è l’occasione per rendere i porti meridionali competitivi». E conforta

ulteriormente apprendere che la Ministra ha appuntato in cima alla sua agenda la rivalutazione delle ZES,

descritte come «traino per la crescita di intere regioni». Ottimo, infine, che esista – come sembra – una

sintonia progettuale tra il Dicastero per il Sud e il Governo della Regione. A questo punto, però, giova

spiegare a chi legge: cosa significa, nel concreto «rendere i porti meridionali competitivi»? O addirittura

puntare sulla portualità per un autentico rilancio del Mezzogiorno?

 

Possiamo immaginare, per queste domande, un’unica risposta: chi fa impresa deve preferire insediare la

propria azienda nei nostri territori, quindi è necessario che ci siano le precondizioni perché questo accada.

Qualsiasi intervento di sviluppo della portualità del Mezzogiorno non può basarsi sul solo miglioramento

delle condizioni e delle performance degli scali, ma deve prevedere due visioni strutturali:

l’implementazione di una vera intermodalità, che renda i porti, i retroporti e gli interporti, dove esistono,

una unica ed efficiente area produttiva; e l’attuazione delle ZES, perché porti e interporti giochino insieme il

ruolo di attrattori degli investimenti stranieri e siano volano dell’export.

 

Prima di tutto, l’implementazione di una vera intermodalità non è più rimandabile. I porti più competitivi

sono infatti quelli che prevedono un collegamento ferroviario che parte dallo scalo stesso: e, ad esempio,

attualmente non c’è un treno che colleghi il porto di Napoli con gli interporti di Marcianise e Nola.

Anche la mobilità marittima delle persone domanda una migliore integrazione: il passeggero che proviene

dalle infrastrutture a terra deve poter raggiungere agevolmente gli scali, come quello del Beverello. Va, in

questo senso, il mio apprezzamento agli intenti del neo-presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del

Mar Tirreno Centrale, Andrea Annunziata, che sostiene con forza l’idea che gli scali debbano dialogare con

le città. Il progetto per la riqualificazione del Beverello, ancorché rallentato, è su questa linea.

 

Persino la transizione energetica, penso alla decarbonizzazione, passa per un aumento dell’utilizzo

intermodale della Risorsa Mare. È il caso delle “autostrade del mare”: il traffico su gomma viene imbarcato

nello scalo più prossimo alla produzione e sbarcato nello scalo più vicino ai centri di distribuzione. Così

l’autotrasporto deve essere incentivato a utilizzare, là dove possibile, questa opportunità sostenibile.

L’altro tassello è rappresentato dalle ZES. Zone a fiscalità di vantaggio, e dunque attrattori di investimenti,

ma anche laboratorio di semplificazione della burocrazia a carico delle imprese, le ZES rappresentano

proprio l’insieme delle precondizioni per richiamare e trattenere fruttuosamente le attività produttive.

ZES e porti sono però a loro volta inefficaci, se non si porta avanti una politica di connessione tra logistica e

industria. Per essere efficienti, le ZES devono svilupparsi verso quegli hub nei quali industria e logistica si

incontrano: cioè interporti e retroporti. D’altronde la ZES, per il suo stesso impianto normativo, può

estendersi non secondo le direttrici della continuità spaziale ma del legame economico-funzionale. E quindi

potremmo spingerci ad immaginarle addirittura come leve della rigenerazione delle aree depresse.

 

Insomma, i porti del Mezzogiorno hanno bisogno, per contare, dello sforzo corale di territori e istituzioni.

Allo Stato centrale domandiamo l’accelerazione legislativa, al Governo della Regione quella della

realizzazione delle opere. L’industria c’è ed è pronta a fare la sua parte. Ma è ora di passare dalle belle

parole ai fatti. Le premesse ci sono. Basta che si remi tutti nella stessa direzione: quella del bene del Paese.

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